Nella mia carriera di essere umano e, obbligatoriamente, di lettore, non finiro' mai di ringraziare Umberto Eco per cio' che ha scritto e mi ha costretto a leggere.

Era il 1980 quando, con l'aiuto del manuale di storia medievale del liceo, leggevo "Il nome della rosa", oggi invece, ancora a lui fedele, ho in mano la sua "Storia della bruttezza". Perche' non riesco a non pensarlo, nel momento in cui in questo sito tento di spiegare, con immagini e parole, cosa possa mai essere l'estetica della desolazione.

Ecco che dalla mia libreria salta fuori un libretto di Guido Almansi, l'Estetica dell'Osceno . C'e' scritto che "da quando e' stata coniata la parola estetica, tutti coloro che hanno usato o studiato questo termine si sono mantenuti fedeli alla legge non scritta della storia di questa disciplina: l'estetica e' una scienza che per definizione non puo' mai scoprire niente. Se qualcosa venisse scoperto, si inaridirebbe immediatamente la potenzialita' umana di generare messaggi estetici".

Una volta cosi' partito, non c'e' da meravigliarsi se poi nelle pagine conclusive, parlando di critica estetica, l'autore vada a "riesumare", come egli stesso dice, un libro molto particolare di un particolare autore, cioe' Man's Rage for Chaos di Morse Peckam.

Riporto con vero piacere quanto scrive Almansi, perche' sono certo che molti come me hanno avuto dei sospetti, delle intuizioni, delle illuminazioni, in particolari momenti della vita, in certi luoghi. Ma seguiamo cosa dice, molto chiaramente, Guido Almansi su Peckam:

"Il punto di partenza del libro, che rappresenta una sfida all'ultimo sangue all'estetica tradizionale, si trova gia' nel titolo paradossale: l'arte, secondo Peckam, non soddisfa il desiderio di ordine insito nell'uomo, ma man's rage for chaos. L'arte e' soprattutto disordine, cosciente sovversione dell'ordine eccessivo in cui il mondo si dispone ai nostri occhi.

L'estetica tradizionale partiva dal principio che una delle caratteristiche dell'arte fosse il suo eccezionale potere di creare un campo visuale – o auditivo – ordinato, organizzato secondo schemi analizzabili e controllabili. Il critico che potesse cosi' dimostrare l'unita' e l'ordine di un'opera d'arte poteva pretendere di averne dimostrata l'eccellenza. Questa posizione parte da due presupposti; il primo e' che la nostra esperienza del mondo sia fondamentalmente caotica, in quanto noi saremmo sommersi dalle testimonianze contraddittorie del mondo fenomenico. Il secondo e' che solo l'arte possa imporre ordine la' dove c'era disordine, organizzare l'esperienza fenomenica in modo che l'uomo ne possa assimilare l'essenza, o il significato ultimo; la teleologia dell'esperienza. In questo senso l'arte era sempre stata considerata come un'operazione intrinsecamente morale, capace di offrire una finalita', un significato, all'insignificanza fenomenica.

Entrambi questi presupposti, secondo il Peckam, sono erronei. La nostra esperienza del mondo e' gia' ordine, non puo' che essere ordine, non precostituito nel mondo dei fenomeni, ma insito nella nostra capacita' di assimilare l'esperienza. Non e' l'arte ad essere ordinata, bensi' la percezione, l'esperienza. L'uomo raggruppa automaticamente dati sensori ed ideologici che sono differenziati allo stato d'origine, li organizza e categorizza, e mette a fuoco il rapporto fra la sua capacita' di percepire e l'oggetto percepito. Il caos delle forme, dei colori e dei suoni viene catalogato dalla mente in oggetti, forme, parole, suoni, segnali significanti.

La vita e' ordine.l'arte non puo' ripetere l'ordine stesso della vita, ovvero non e' possibile giustificare la funzione dell'arte se questa non facesse che replicare in forme fallaci e illusorie quello che la vita stessa riesce gia' a compiere, e molto piu' efficacemente dell'arte: cioe' l'atto di trasformare il caos in ordine".

Se per voi, come per me, il CAOS dell'Abbandono, quello della Desolazione, quello del Disordine e quello dell'Ordine dell'Abbandono, tutti sono elementi di bellezza, queste immagini potrebbero piacervi


N.d.A : ESTETICA (326 a.C. - Poetica di Aristotele) : non concezione del bello nell'arte, ma aspetto esteriore, eventualmente bellezza.